A SETTEMBRE le
campagne erano cambiate. Era il mese delle sagre; da agosto
ad ottobre si dispiegavano le processioni dei santi lungo
le vie paesane.
OTTOBRE era la
stagione della vendemmia, per le vie delle città
passavano carri pieni d’uva, trainati da buoi. Poi venivano
la pigiatura e la torchiatura, la bollitura e la svinatura,
i travasi ripetuti dopo aver osservato la luna. Bisognava
occuparsi anche d’altro, gli ultimi fieni, il mais, la frutta.
NOVEMBRE era il
mese in cui la cantina era piena e avveniva l’uccisione
del maiale, dopodiché i contadini appendevano gli
insaccati ai pali. Gli animali ingrassavano in stalla. Si
era appena raccolto il mais e c’era polenta per tutti, d’ogni
tipo.
DICEMBRE era il
mese del riposo, la caccia terminava, le sementi erano nella
terra, pronte per dare i frutti, il sole sorgeva dopo e
tramontava prima. Nelle case, a Natale, nel caminetto si
accendeva a mezzanotte un ceppo bagnato di gocce di vino
caldo. Della brace del ceppo era riutilizzata per appiccare
il fuoco del panevin la sera dell’epifania. Il
falò di questa festa era il risultato del contributo
di tutte le famiglie, che partecipavano mettendo in comune
i propri ceppi (soca). Così negli incroci
delle strade ardevano grandi falò. Era la raffigurazione
dell’unità del villaggio e della volontà generale
di favorire il rinnovamento, la vita rinascente in una dimensione
ciclica.
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