Quadro storico
Tipologie di abitazioni e abitati rurali
1. Valore e significato simbolico dell'abitazione
2. L'interno tipo
3. Tipologie

 

a. Casa rurale
  b. Casa colonica
  c. Casone
  d. Cason a fojarol
  e. Barco
4. Abitati rurali
5. Conduzione delle terre
  a. Affitto
  b. Conduzione diretta
  c. Mezzadria
Villaggio come realtà sociale
Alcuni mestieri paesani
Bibliografia
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Ne segue per necessaria conseguenza la coabitazione forzata di molte persone in una sola stanza e la insufficienza di spazio di questa per somministrare l’aria respirabile a chi vi dorme. Ecco in proposito come generalmente si distribuiscono le famiglie dei contadini nelle loro camere: finché si tratta di due sposi novelli essi hanno quasi sempre una stanza qualsiasi separata dai celibi: quando però hanno figli, questi, finché alla loro volta non arrivino all’età del matrimonio o si maritino realmente, dormono nella stessa stanza dei genitori e spesso nel medesimo letto, per cui i misteri della riproduzione cessano ben presto di essere tali per loro! Le ragazze (parliamo delle giovani) dormono o coi genitori o con qualche vecchia della casa o con un fratello minore, onde non rari gli incesti!1

Fuori dall’entrata si apriva il portico dove si teneva la legna all’asciutto. Su di esso si affacciava un piccolo cortivo erboso, nel cui centro c’era una pompa a mano, in fondo vi era il césso, chiuso da quattro muretti di pietra, senza tetto e con una porta in legno. Ancora oltre si trovava la còrt, il letamaio. Anche se povera, la casa per la classe contadina rappresentava il ritrovo della famiglia e una protezione; quindi bisognava cercare di mantenere una stabilità economica e stare molto attenti a non creare debiti con altri che avrebbero potuto far perdere la stabilità famigliare. Guai a magnarse fora la casa!


1
. Atti della Giunta per la Inchiesta Agraria e sulle Condizioni della Classe agricola, Roma, 1882, Monografia Agraria dei Distretti di Conegliano, Oderzo e Vittorio (in Provincia di Treviso) dei Signori Dott. Luigi Alpago-Novello, Dott. Luigi Trevisi e Antonio Zava, p. 215

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